

Grazie al Progetto Mondo Migliore
ho avuto l’ onore di conoscere, ascoltare e promuovere il suo immenso contributo allo sviluppo di un Umanesimo Agro-Ecologico che possa stimolare una correzione urgente delle Politiche Agricole ed Agroambientali Nazionali ed Europee, per liberarci da Pesticidi e OGM, tutelando i diritti inviolabili alla salute ambientale e biodiversità, alla fertilità umana ( grazie alla collaborazione con il Dott. Luigi Montano fondatore del progetto EcoFoodFertility che vi invito ad ascoltare:
e dei terreni per le future generazioni (Art 32, 9, 41, 44, 3 comma 2, 54, Costituzione)
Fonte : Prof. Giuseppe Altieri ( che mi ha autorizzato alla pubblicazione)
Quanto ci è costato perdere biodiversità…
…più di una volta e mezza il Prodotto interno lordo (PIL) mondiale: 145.000 miliardi di dollari l’anno.

Sempre secondo l’IPBES, negli ultimi 50 anni, l’intervento umano ha trasformato significativamente il 75% della superficie delle terre emerse, ha provocato impatti cumulativi per il 66% delle aree oceaniche ed ha distrutto l’85% delle zone umide.
che Il monitoraggio del liquido seminale è inoltre un indicatore agroambeintale ineccepibile sull’efficacia o meno delle misure europee applicate nei diversi territori…

Un capitalismo che è stato pensato o, se preferite, generato da quel modello culturale che ha posto al centro il concetto di impresa e di mercato e messo ai margini il capitale naturale, fatto di biodiversità, risorse non rinnovabili e qualità di quelle rinnovabili, come suolo, aria e acqua.
Un sistema ideologico affaristico che ha pasticciato con i numeri, confondendo ricchezza privata con benessere, patrimoni monetari con prosperità e così via.
I grandi bilanci e le grandi proiezioni degli economisti e dei fautori del capitalismo mancano della più essenziale valuta che era, è, e sempre sarà, il capitale naturale, così come definito sopra.
Adesso a rifare i conti esatti e a bocciare, senza possibilità di riparazione, quegli “eruditi” economisti ci pensano varie Istituzioni, Enti di Ricerca e studiosi che, rimettendo nei conti economici la valuta del capitale naturale, si stanno accorgendo quanto è costato (e quanti costerà ancora) all’umanità e al pianeta Terra aver perpetrato per oltre cento anni un modello economico così scriteriato.
Nei tempi recenti, alcuni studiosi, tra cui sir Robert Watson, presidente della Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) hanno così rimesso nei “calcolatori” i costi non considerati e tratto, purtroppo, le relative verità, e cioè che la perdita di biodiversità, legata al nostro modo di fare economia, costa più di una volta e mezza il Prodotto interno lordo (PIL) mondiale, per una cifra che raggiunge i 145.000 miliardi di dollari l’anno.
In conseguenza di ciò, per via del nuovo assetto termodinamico del pianeta, stiamo generando quei cambiamenti ecologici, climatici e quella perdita di biodiversità che non possono più essere considerati questioni separate ma devono essere affrontate insieme e subito.
Uno dei dati ufficiali ci dice che nei prossimi decenni scomparirà almeno un milione di specie viventi su 8 milioni; una perdita del 15% della biodiversità, che non indica un’estinzione di massa, ma che è comunque inaccettabile e le cui conseguenze, se le vogliamo vedere solo dal punto di vista monetario (ma questo, come detto, è un criterio molto limitato), saranno catastrofiche, trascinando con se povertà, carestie, ingiustizie ed instabilità politiche.
Sempre secondo l’IPBES, negli ultimi 50 anni, l’intervento umano ha trasformato significativamente il 75% della superficie delle terre emerse, ha provocato impatti cumulativi per il 66% delle aree oceaniche ed ha distrutto l’85% delle zone umide.
Tra i servizi forniti dalla biodiversità agli ecosistemi, il cui valore, come detto è stimato in circa 145.000 miliardi di dollari annui, ci sono impollinazione delle colture e depurazione delle acque, per citarne alcuni, che l’uomo sta minacciando e distruggendo.Con questi dati, e soprattutto con le loro proiezioni, non si può più dormire sonni tranquilli ma, soprattutto, bisogna cambiare globalmente il modo di fare economia e, prima ancora, di fare politica e di creare le coscienze adatte per farla.
I costi, così stimati, vanno ben oltre i 10 miliardi di euro per i danni provocati finora dalla perdita di biodiversità. Ricordiamo a tal proposito che il PIL dell’Italia si aggira su una cifra intorno ai 2000 miliardi euro (dato 2018).
In estrema sintesi, l’intero patrimonio naturale che il sistema capitalistico ha consumato si è trasformato in grandi ricchezze monetarie senza che queste abbiano più la capacità di ripristinare il patrimonio che le ha generate.
Abbiamo assistito a quello che succede con le leggi della fisica, dove, a seguito di reazioni termiche, produciamo forme di energia degradate che non sono più in grado di ripristinare lo stato originario: termodinamica docet. Il
Cosa significa tutto questo in termini pratici?
Significa che serve un cambiamento profondo e la volontà politica soprattutto nell’utilizzo dell’energia e delle risorse ma serve anche un diverso modo di formulare i bilanci e i conti pubblici di un Paese, abbandonando la vetusta formula del PIL (di cui sono ancora tristemente pieni i riferimenti politici ed i notiziari).
Bisogna cambiare completamente il modo di produrre beni e servizi per l’umanità, attuando sistemi in cui alla produzione del bene non corrisponda la diminuzione o l’eliminazione di una porzione della biodiversità e del capitale naturale.
Un caso su tutti è quello dell’uso delle sostanze di sintesi in agricoltura, come insetticidi, diserbanti, fertilizzanti di sintesi, ecc., il cui uso incide direttamente o indirettamente sulle risorse naturali (come quelle necessarie per la produzione di alcuni concimi chimici) e sulle popolazioni di insetti, uccelli, mammiferi, rettili, anfibi ed organismi vari che, con la loro diminuzione o scomparsa destabilizzano intere biocenosi ecologiche con danni incommensurabili. Se a questo aggiungiamo la perdita costante della fertilità dei suoli, della loro consistenza e la diminuzione della biodiversità agricola, sapientemente selezionata, per una maggiore resilienza, dalla conoscenza degli antichi contadini, ci rendiamo conto come alla perdita di biodiversità e di risorse naturali corrisponda una perdita dei saperi, anche essi patrimonio di difficile recupero.
Cosa ci rimane da fare allora?
La ricetta è complessa e richiede tempi medio lunghi che, crudelmente, potrebbero non essere compatibili, con la soluzione del problema.
Ci rimane però una grande risorsa: la dignità di cambiare i nostri modi di pensare, di concepire il concetto della ricchezza, di rimetterci in piedi per costruire un nuovo umanesimo ed un nuovo modo di guardare ai rapporti tra le cose del mondo; in una sfida che Papa Francesco presenta come compito per i prossimi anni è che prende forma nella sua Enciclica “Fratelli tutti”.
Questo lo possiamo e lo dobbiamo fare; è il mandato che la storia ha dato a questa generazione.Guido Bissanti
Io penso e credo che stiamo pagando lo scotto per l’ingordigia di guadagnare che l’essere umano ha avuto!
Per avere l’equilibrio ecologico e non portare le conseguenze disastrose che stiamo affrontando, ci sono delle leggi ben precise da rispettare, ma che stridono con la sete di guadagno che si è impossessata dell’essere umano!
Quindi, a mio avviso, ci troviamo ad un bivio: O rispettiamo le sagge regole della natura che ci chiede di rispettare l’ecosistema, MA DOBBIAMO METTERE IN CONTO LA DIMINUZIONE DEL GUADAGNO, Oppure continuiamo sul percorso venale, MA CI AUTODISTRUGGIAMO DA SOLI!!!
Ormai non è più possibile tenere il piede in due scarpe: io credo che ci convenga SMETTERLA di fare i sordi, ed accettare le regole della Natura, Prima Che Sia Troppo Tardi!!!